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Nesiotikà: scavi archeologici estate 2013, dopo Othoca e Tharros appuntamento a Nabeul (Tunisia) dal 31 Agosto al 14 Settembre

Rilievo subacqueo da parte dei nostri studenti - Nabeul Luglio 2010

25 luglio 2013

Il 26 Luglio si concludono le attività di scavo e laboratorio archeologico effettuate nelle scorse settimane a Othoca (Santa Giusta) e a Tharros dagli studenti della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici della sede di Oristano.
 
In particolare ad Othoca la ricerca archeologica è stata incentrata nell’area del parco giochi comunale di Santa Giusta nel quartiere di Is Olionis: un vasto terrazzo alluvionale che presenta una scarpata accentuata nei settori settentrionale e orientale, in corrispondenza del probabile antico porto di Othoca. Tremila anni fa, infatti, lo stagno di Santa Giusta non esisteva e le acque del golfo di Oristano delimitavano il tozzo rilievo alluvionale dell’abitato di Othoca, circondando un isolotto, quello di Sant’Elia, dove sorgeva un grande complesso nuragico.

Lo scavo ha scoperto una struttura in blocchi di basalto, ma anche di arenaria, con orientamento NO/SE, messa in luce finora per m.5, con uno spessore di 60 cm. Si tratta di una struttura monumentale dell’antica Othoca: in quest’area esisteva già una comunità sarda, cui si deve il nome stesso di Othoca, e alla quale si riportano uno spillone in bronzo dell’VIII sec. A.C. e i grandi frammenti di una conca in ceramica con l’ansa a maniglia orizzontale, forse del VIII-VII sec. A.C. In quest’area coabitavano i fenici cui appartiene, tra l’altro, un piattello con due fasce circolari sul fondo, della seconda metà del VIII sec. A.C.

Dallo scavo emergono i predominanti materiali punici (in particolare anfore, anche quasi integre, da ricomporre) accanto a preziosi oggetti greci: sono venute in luce kylikes (coppe per bere il vino) a vernice nera di fabbricazione ateniese del V sec. A.C., lucerne ed il piu’ grande esemplare di askos (piccolo otre per versare olio nelle lucerne), decorato a figure rosse con animali, mai rinvenuto in Sardegna. E ancora monete puniche del IV sec. A.C. Dunque lo scavo sta rivelando una vasta area della città fenicia e punica, senza intervento dei romani, una situazione paragonabile a Monte Sirai, Pani Loriga, Mozia in Sicila e Kerkouane sul Capo Bon in Tunisia.

A Tharros si è intervenuti invece nell'area di Murru Mannu, il colle settentrionale dell'antica città, scavando nella cavea (l’area delle gradinate un tempo forse in legno oggi scomparse) dell’anfiteatro di Tharros. Lo scavo mirava a definire la cronologia e i caratteri strutturali dell’anfiteatro romano di Tharros e ad indagare la stratigrafia delle fasi precedenti. Siamo infatti presso il tofet (il santuario legato alla deposizione delle urne con le ceneri dei bimbi, consacrati a Baal e Tanit) di Tharros, che a sua volta si era insediato nell’ambito del villaggio nuragico di Murru Mannu. Tharros è un nome nuragico: ma la comunità fu aperta al rapporto con popolazioni mediterranee: micenei, ciprioti, siriani, fenici. Lo scavo, che proseguirà nei prossimi mesi, intende far luce su queste fasi di contatto tra i sardi e i mediterranei, prima che nascesse Tharros, come città fenicia verso il 620 a.C., in contemporanea con Othoca.

Sotto la Direzione scientifica e tecnica della  Soprintendenza per i Beni Archeologici di Cagliari e Oristano, titolare unica della ricerca archeologica di Monte Prama (Proff. Alessandro Usai e Emina Usai), l’Università di Cagliari, con il Prof. Gaetano Ranieri e la sua Scuola di Geofisica, e l’Università di Sassari, con i Proff. Raimondo Zucca, Paolo Bernardini e Pier Giorgio Spanu, lavoreranno con gli studenti della Scuola di Specializzazione nei prossimi mesi anche a Monte Prama, nel Sinis di Cabras, 36 anni dopo l’ultimo scavo, e apriranno una ricerca archeologica di vasto respiro nell’area con i fondi della Regione Sardegna (LR 7/2007 sulla ricerca di base). I lavori mirano all’analisi dell’archeologia dei paesaggi e alle ricerche geofisiche onde verificare le strutture esistenti sotto il livello attuale del terreno e, finalmente, allo scavo archeologico del celebre santuario funerario del IX e VIII sec. a.C.  che ha restituito i “Giganti di Pietra”.

Dal 31 Agosto al 14 Settembre dieci studenti della Scuola saranno sul Capo Bon, presso Nabeul in Tunisia per la IV campagna di ricerca archeologica e dei paesaggi costieri di Neapolis in collaborazione con il Prof. Mounir Fantar, responsabile dell’Insitut National du Patrimoine di Tunisi per il Capo Bon. La ricerca mira a definire una vera e propria citta’ sommersa estesa per 200 metri verso il largo, sotto il mare, dove le ricerche precedenti hanno evidenziato il più grandioso complesso per la produzione del garum (la salsa di pesce prediletta dai romani) di tutto il mondo antico. Inoltre la ricerca riguarderà un edificio termale urbano, ricco di mosaici, che venne parzialmente incorporato in un sistema difensivo bizantino nel VI secolo.

Per quanto riguarda i siti in Sicilia, poi, il Prof. Pier Giorgio Spanu compirà nei mesi di Settembre e Ottobre, insieme ad alcuni allievi della Scuola, nuove ricerche archeologiche in un complesso per la produzione delle salse di pesce all’Isola delle Femmine (Palermo) e presso una struttura portuale sommersa nelle Isole Eolie.

Nello scavo subacqueo di Pantelleria dello scorso Giugno, invece, al quale hanno partecipato tre studenti della Scuola di Specializzazione di Oristano, vi è stato l’eccezionale ritrovamento di trenta ancore, quattro lingotti di piombo e quattro anfore. Una scoperta di  fondamentale importanza per la ricostruzione delle guerre tra Roma e Cartagine. Gli studenti della Scuola, in particolare, hanno partecipato attivamente, con il coordinamento sempre del Prof. Spanu, allo scavo archeologico di un relitto punico del III sec. a.C. ritrovato nei fondali di Cala Tramontana. La campagna di scavo era inserita nel progetto di valorizzazione e fruizione dei siti archeologici di Cala Tramontana e Cala Levante a Pantelleria.


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