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AperiTurismo con... Maria Carta, chef Hotel Faro Capo Spartivento

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5 novembre 2018

Maria Carta, chef dell'Hotel Faro Capo Spartivento, è uno degli speaker di Sabores, il quinto e ultimo talk di AperiTurismo 2018.

Buongiorno Maria, come nasce la sua passione per la cucina e come si sviluppa il suo percorso professionale?

La passione nasce prima di tutto dall’amore. Senza amore per ciò che fai, non esiste la passione. Nasce guardando le mani di mia nonna: lei che impastava il pane mentre io, a 4 anni, inginocchiata vicino a lei, con i pugni chiusi a “suexiri su pani” (impastavo il pane). Nasce guardando le mani di mia madre, delle mie zie, mentre osservavo tutto quello che erano capaci di creare, tutto ciò che riguardava il cibo, dalla A alla Z: dalla coltivazione dell’orto al fare il formaggio, al condire un prosciutto o al preparare lo strutto, le conserve dei pomodori, le marmellate e le provviste sott’olio. Ogni profumo che ricordo, ogni movimento delle loro mani, ha fatto nascere in me la voglia di essere io stessa un’artista degli occhi, dell’anima e del palato.

I suoi inizi?

Il mio percorso professionale inizia a Roma nel 1990, in un ristorante di famiglia. Avevo 19 anni. Cucinavamo solo ed esclusivamente pietanze sarde, piatti preparati il più possibile in casa. Dalla pasta ai dolci fino alle carni provenienti in gran parte dalla Sardegna.

Avendo lavorato per diverse realtà e in location esclusive, non in ultimo all’hotel al Faro Capo-Spartivento, se la sente di condividere qualche riflessione sull’offerta enogastronomica locale di tipo gourmet? La cucina sarda di alto livello è riconosciuta, si sta evolvendo, come si sta evolvendo?

La cucina Sarda è una cucina se vogliamo povera, ma allo stesso tempo ricca di fantasia. Riuscire a trasformarla in una cucina sana, di tipo gourmet, in una cucina che è anche elevata (coinvolgente) da un punto di vista emotivo è semplice: innanzitutto bisogna usare una materia prima scelta e ricercata, poi amore per la propria terra e i suoi prodotti di eccellenza … il connubio vincente è tecnica, materia prima e passione. Per questo mi diverto a creare e rielaborare. Secondo il mio punto di vista la cucina sarda di alto livello è poco valorizzata dai media. Il turista che arriva è sempre più un viaggiatore e un intenditore che assaggia e gusta in ogni luogo il cibo locale, sa e conosce le differenze. Non possiamo in un’isola così bella non valorizzare la cucina gourmet o ricercata seriamente.

L’offerta enogastronomica locale può e potrebbe attirare un crescente flusso di visitatori/turisti gourmet dall‘Italia o dall’estero?

Certamente, anche perché essendo un’isola abbiamo sviluppato autonomamente il nostro modo di mangiare. Certo contaminati dalle mille dominazioni dell’isola, ma anche dalla nostra tradizione contadina e pastorale tramandata da millenni. E il mondo ora impara a capire la differenza tra cibo e piatti perfetti. La tv non ha fatto altro che far venire voglia di piatti per commuovere la gola.

Dalla sua esperienza di chef, quale tipo di turista apprezza la cucina sarda più tipica e quella più moderna e gourmet?

Non credo esista un turista tipo. Esistono turisti curiosi e informati che cercano la cucina gourmet e ricercata. Altri cercano la cucina tradizionale ma incuriositi provano anche il gourmet. Non c’è un turista oggi che non sia aperto al cibo di qualsiasi tipologia sia.

Cucina tipica e cucina gourmet sarda viaggiano su piani diversi nell’offerta gastronomica isolana? Come si incontrano nelle sue creazioni?

Le mie creazioni s’incontrano a metà strada tra la tradizione e la mia fantasia. Si mescolano solo per esaltare ogni sapore in una nuova esperienza dando a ogni singolo ingrediente la sua collocazione preziosa.

In questo momento si sta occupando di un progetto di recupero delle materie e degli ingredienti determinanti nella formula della longevità delle blue zone in Sardegna.  Di cosa si tratta esattamente, ce ne vuole parlare?

Ho avuto una gran fortuna a nascere a Seulo. Mi direte, che cosa ha in più degli altri posti?  Forse niente, ma forse ha quell’energia tale che ci consente ancora di tramandare realmente le tradizioni da cento anni. Insieme all’Ecomuseo dell’Alto Flumendosa, a Pino Ledda e alle altre strutture ristorative del paese, si cerca di mantenere realmente una tradizione culinaria centenaria da far conoscere al turista. Noi raccontiamo il cibo. Significa che il turista che arriva non si siede a mangiare e basta ma vede prima di tutto dove nasce il cibo. Un percorso che comprende tutto: dalla passeggiata a raccogliere castagne, al pascolo delle capre allo stato brado, alla mungitura, al fare il formaggio con le sue mani. Osservare le mani attente di chi sa come fa un raviolo o un papassinos, che poi mangiano a tavola in un ristorante e poi a casa, è un grande valore aggiunto.  Sí, il turista si sente davvero a casa nostra.

Questo progetto potrebbe essere determinante per la creazione di un’identità culinaria unica, irripetibile e attraente, per cui varrebbe la pena un viaggio?

Certamente sarebbe molto importante fare rete. Stefano (Deidda, ndr) con il suo molecolare, io con la mia cucina antica e Leonardo (Marongiu, ndr) con il gourmet rivisitato. Che ne pensate?

Spostandoci invece di più nel tessuto culturale e lavorativo isolano legato al food e quindi guardando alle arti e mestieri che popolano il mondo della cucina e della ristorazione di livello, che tipo di figure servirebbe formare di più e meglio, quale settore occorrerebbe sviluppare?

Principalmente secondo me si dovrebbe smettere di illudere i giovani che facendo un corso di tre mesi diventano grandi chef. La cucina è sacrificio e impegno di ore e ore di studio, ricerca e conoscenza e rinuncia a molte cose della vita normale di un qualsiasi lavoratore. Credo che gli istituti alberghieri debbano prima di tutto individuare le persone che sono portate a fare questo lavoro e formarle al massimo livello. Non solo sui libri o qualche stage, ma confronti continui anche all’estero, formazione mirata e concreta per diventare prima di tutto un cuoco vero, cuoco di impegno creatività e passione da trasmettere, una figura che oggi manca secondo me.

In cosa la Sardegna è ancora carente, rispetto ad altre destinazioni Italiane (professionalità, strategia, filiera, investimenti…)?

Un po’ tutto. Stiamo migliorando molto però.

Maria Carta è uno degli speaker di Sabores, il quinto e ultimo appuntamento di AperiTurismo 2018.

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