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AperiTurismo con... Anna Maria Fara, guida turistica specializzata in wine & food tours in Sardegna e titolare di Sardegna Bella e Buona

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19 novembre 2018

Anna Maria Fara, guida turistica specializzata in wine & food tours in Sardegna e titolare di Sardegna Bella e Buona, è uno degli speaker di Sabores, il quinto e ultimo talk di AperiTurismo 2018.

Ciao Anna Maria, come nasce la sua passione per il vino e come si sviluppa il suo percorso professionale di guida turistica enogastronomica?

Quando ero bambina ed adolescente odiavo il vino: in famiglia abbiamo sempre avuto una vigna per la produzione casalinga e mio padre sin da piccolissimi costringeva me e i miei fratelli a passare lunghi pomeriggi sotto il sole, nel doposcuola o in estate… una vera tortura! Per mio padre, la vigna era sacra e io non riuscivo a capire questa sua passione. Purtroppo è mancato giovanissimo, quando io avevo 21 anni. Io ho cominciato a bere ed apprezzare il vino durante gli anni dell’università, nei miei lunghi soggiorni in Francia. Dopo la laurea in Lingue, sono andata a vivere a Parigi, ma mi sono resa conto dopo pochi mesi, di non volermi sentire straniera a vita in un’altra nazione. Ho quindi partecipato al progetto Master & Back della Regione Sardegna, vincendo una ricchissima borsa di studio per frequentare un master in marketing e comunicazione dell’enogastronomia. Ho svolto lo stage in una delle più grandi aziende vitivinicole italiane: la siciliana Duca di Salaparuta, Corvo e Florio. Successivamente, ho vinto una borsa di rientro per inserirmi in una azienda sarda: l’azienda che mi ha aperto le porte è stata Vigne Surrau, dove ho lavorato cinque anni come responsabile dell’accoglienza e degli eventi. Nel 2013, ho deciso di intraprendere la carriera di libera professionista, sono diventata guida regionale certificata e sommelier AIS ed ho lanciato Sardegna Bella e Buona, la mia attività di guida turistica specializzata in turismo enogastronomico in Sardegna.

Secondo lei, la Sardegna sta diventando una destinazione enogastronomica oppure è ancora tutto da costruire?

La Sardegna è una terra che è sempre più conosciuta a livello internazionale per la qualità della vita, del cibo e del vino e per tanti turisti che io accompagno, cibo e vino sono la ragione del viaggio in Sardegna. I nostri vini, soprattutto il Cannonau, ormai conosciuto come vino della longevità, ricco di antiossidanti, o la Vernaccia, vino tanto dimenticato quanto speciale, stanno richiamando viaggiatori da tutto il mondo, soprattutto dagli Stati Uniti. La nostra isola è oggetto di tanti documentari che, spesso a nostra insaputa, circolano nelle televisioni di tutto il mondo e incuriosiscono I viaggiatori. Ho avuto l’anno scorso degli australiani che avevano visto un documentario sul filindeu e sono venuti in Sardegna, per assaggiarlo il 4 ottobre a San Francesco di Lula. Altri, dal Brasile, che avevano visto un reportage sul casu marzu e volevano assolutamente assaggiarlo. Quest’anno ho fatto da assistente di produzione ad almeno un documentario e due reality che mettevano in risalto la nostra cucina, sono sicura che questi creeranno curiosità e richiameranno turisti per la prossima stagione. Per la promozione della nostra terra sono importantissimi I ristoratori sardi che stanno facendo un enorme lavoro di promozione dei nostri prodotti e della nostra terra in giro per il mondo, da Parigi a San Francisco, da Londra a Sidney. Non è ancora tutto da costruire, ma c’è ancora tanto da fare. Soprattutto per offrire esperienze valide ed organizzate per chi viene a trovarci.

Chi è interessato ad esplorare il lato più gourmet di quest’isola? Quale il profilo/i profili di viaggiatori tipo?

Ci sono tantissime tipologie di viaggiatori, direi che un’alta percentuale dei miei ospiti sono coppie in viaggio di piacere, spesso viaggio di nozze, che hanno la passione condivisa per il cibo e il vino e sono incuriositi da tutto ciò che è veramente locale. Direi che spesso sono viaggiatori che ovunque si muovono, cercano di mangiare e bere bene e locale e ricercano una guida che possa far conoscere loro il meglio.

Quando il viaggiatore compie un tour enogastromico cosa si aspetta, in generale, e cosa lo stupisce?

Tanti dei miei ospiti hanno mangiato in ristoranti sardi in giro per il mondo, spesso conoscono la bottarga, il carasau e il cannonau, la fregula, i maloreddus, e il maialetto, oppure hanno letto qualcosa sulle guide.  Molti, sapendo che siamo grandi produttori di pecorino e avendolo assaggiato ovunque, sono stupiti di non trovare quasi mai la pecora e l’agnello nei menu dei ristoranti.

Cosa, invece, lo delude?

La delusione maggiore è quando un ristorante è troppo banale e spesso la presentazione dei piatti e il servizio sono deludenti. Ancora nella stragrande maggioranza dei ristoranti si paga il coperto e per gli stranieri questo è spesso incomprensibile.

Possiamo dire che esiste un flusso, una nicchia, che viaggia appositamente per esplorare la buona tavola sarda, oppure questo tipo di tour sono un po’ come se fossero i contenuti e le esperienze di un altro tipo di viaggio (es. balneare, culturale, attivo, business…)?

Posso confermare che esiste una nicchia di viaggiatori la cui regione del viaggio è bere e mangiare bene, la maggioranza dei miei ospiti sceglie la Sardegna per altre ragioni, il sole e il mare in primis, ma tutti hanno grandi aspettative su food & wine.

A cosa si combina meglio in Sardegna un tour enogastronomico?

Per quanto mi riguarda, tendo a personalizzare al massimo ogni tour ed escursione, cercando un mix di tutti gli aspetti culturali e paesaggistici. Cerco di variare quanto più possibile ogni itinerario a seconda delle richieste. Ma una visita ad un sito archeologico nuragico non deve mai mancare.

Quanti tour organizza all’anno, in quale il periodo di lavoro più intenso?

Bisogna distinguere tra tour di più giorni ed escursioni giornaliere. Io lavoro prevalentemente con escursioni giornaliere, da fine marzo a tutto ottobre. Quest’anno, per il secondo anno consecutivo, avrò un gruppo a dicembre, molto interessato a conoscere ogni aspetto della nostra tradizione enogastronomica. Su richiesta, lavoro tutto l’anno, ma ovviamente il picco è nei mesi estivi.

Ha osservato trend diversi negli ultimi anni?

In testa alla classifica, rimangono ospiti dagli Stati Uniti e quest’anno, oltre a un maggior numero di scandinavi, ho accolto un consistente numero di australiani. Per quanto riguarda gli italiani, in generale, non richiedono esperienze come quelle che io offro.

Sul tema specifico del wine tourism, quali sono le zone e cantine meglio organizzate per i turisti e perché?

In ogni zona della Sardegna ci sono cantine che da qualche anno stanno dedicando tempo e passione all’accoglienza con visite e degustazioni. Le mie zone preferite sono la Gallura, patria del Vermentino,  tra Olbia, Arzachena e Tempio; la Barbagia, il regno del Cannonau tra Oliena, Dorgali, Mamoiada ed Orgosolo; Alghero e Sorso che hanno una bellissima varietà di vitigni e belle cantine. Una delle zone che prediligo sono Oristano e Bosa, terre di Vernaccia e Malvasia, dove alcune cantine fanno accoglienza. Il Parteolla e la Marmilla sono due altre zone che prediligo.

Se dovessimo fare una stima su quante cantine, sul totale in Sardegna, accolgono ospiti, su che percentuali siamo più o meno?

Difficile fare delle stime precise: in tante cantine l’attività di accoglienza è abbastanza aleatoria e disorganizzata, a volte questo fa sì che l’esperienza per il visitatore sia più autentica e spontanea, con il produttore che fa degustare vecchie annate o campioni di botte, ma magari la volta successiva l’esperienza nella stessa cantina si rivela un flop perché lo stesso produttore ha solo 5 minuti di tempo da dedicare agli ospiti… per chi ne fa un lavoro, come me, c’è bisogno di una certa costanza e garanzia.

Quali le problematiche più frequenti riscontrate quando porta i suoi ospiti in tour nelle cantine sarde?

Il problema maggiore è la spedizione dei vini, sia per i costi che per l’organizzazione: tantissime cantine non sono preparate alla vendita e alla spedizione diretta al privato. Bisogna approfittare della vendita diretta. Spesso i turisti non possono viaggiare con bottiglie di vino per limitazioni di bagaglio. Magari ci si dovrebbe organizzare con del bel merchandising. Pochissimi lo fanno.

Lato professionalità (sommelier, guide enogastronomiche, addetti all’accoglienza nelle cantine, che di ristorazione di alto livello…) come siamo messi? Mancano dei soggetti qualificati?

Direi che questa è la maggiore criticità: i produttori spesso non possono accogliere gli ospiti, per impegni di lavoro nelle vigne o nelle vendite, ma non si possono nemmeno permettere delle persone dedicate all’accoglienza. Molte delle guide che propongono wine tour, non hanno una preparazione specifica sul vino, come spesso, chi ha una preparazione specifica sul vino, non potrebbe condurre un gruppo in escursione con tutto ciò che questo comporta. Sicuramente, delle figure complete, che sappiano parlare le lingue, che sappiano di vino, che abbiano una cultura generale vasta per poter comunicare il terroir a 360°, che siano comunicative e capaci di condurre un gruppo sono merce rara che le cantine, una volta trovate, dovrebbero tenersi strette.

In percentuale, quanti ospiti dopo la visita in cantina acquistano al dettaglio bottiglie di vino e prodotti della cantina?

Questo è un punto abbastanza dolente, come accennavo sopra: spesso i clienti non possono portare via bottiglie di vino a causa delle restrizioni sul bagaglio. Capita quindi che alcuni produttori abbiano l’impressione di avere perso il loro tempo con turisti che vanno via senza comprare. Ma a volte arriva il buon cliente che compra per dieci, mi è capitato tantissime volte.  Spesso i clienti vorrebbero comprare ma le cantine non sono organizzate per la spedizione o non hanno il POS per pagamenti con carta. La stragrande maggioranza, direi un 85% acquista almeno una o due bottiglie in ogni cantina visitata.

Può succedere che, dopo un tour, qualche ospite stabilisca con la cantina una relazione commerciale più duratura (es. export all’estero, fornitura ristorazione…)?

Mi è capitato tante volte che i clienti ordinassero e riordinassero direttamente alla cantina. Dipende anche da quanto le cantine sanno coltivare i contatti che sono stati presi durante la visita e l’ordine. Dovrebbe essere un rapporto a doppio binario. Spesso le cantine non sanno sfruttare al meglio i contatti presi durante le visite, come durante le fiere.

Lato ospitalità, invece, vede valide iniziative di wine resort/hotel o concept simili nell’Isola?

Assolutamente sì, ed è un trend in crescita: ogni anno c’è qualche nuova proposta e so che diverse cantine si stanno organizzando per gli anni a venire.

Avrebbe senso investire in questo segmento (accoglienza specifica per i turisti del vino), oppure la domanda è ancora troppo debole?

Io ci credo moltissimo e lo spero fortemente. Investire e lavorare in questa direzione porterà senza dubbio buoni frutti. Bisogna poi lavorare tanto sulla comunicazione del vino, fare conoscere la Sardegna come regione produttrice di ottimi vini particolari.

Rispetto ad altre destinazioni molto più sviluppate, tra Italia e Paesi EU, sul wine tourism, su cosa la Sardegna potrebbe essere più competitiva tra tutti e quale, invece, lo svantaggio principale?

Sicuramente i produttori sardi dovrebbero viaggiare di più e vedere come l’accoglienza è organizzata altrove. Il nostro vantaggio è che per il momento siamo ancora una terra abbastanza inesplorata e il viaggiatore ha sempre voglia e bisogno di nuovi orizzonti e nuove esperienze, al di fuori delle rotte tradizionali off the beaten paths. In questo senso, la Sardegna è per molti ancora un luogo esotico. Uno degli svantaggi è che tantissimi produttori che non possono ancora permettersi personale dedicato all’accoglienza, non parlano le lingue straniere, in particolare l’inglese.

Anna Maria Fara è uno degli speaker di Sabores, il quinto e ultimo appuntamento di AperiTurismo 2018.

VIDEO - Wine tours in Italy - Sardinia

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