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Il futuro dell'Università di Cagliari

3 marzo 2009

Il prossimo 21 maggio l'Università di Cagliari andrà alle urne per eleggere il nuovo Rettore. L'occasione è buona per una riflessione sul ruolo dell'istituzione pubblica più importante dopo la Regione. Nelle classifiche internazionali sull'attività di ricerca scientifica, la nostra università occupa un ruolo di tutto rispetto: intorno al 400° posto a livello mondiale, al 172° posto in Europa e tra le prime 17-20 in Italia. Questo piazzamento è dovuto alla presenza nel nostro Ateneo di punte di eccellenza in vari campi, dove operano ricercatori che competono con successo a livello internazionale. Ciò nonostante, l'Università di Cagliari rischia per il futuro di non essere più in grado di mantenere queste posizioni e di scadere ad Ateneo di servizio dedito prevalentemente all'attività didattica. Ciò può accadere essenzialmente per due motivi.
Il primo è dovuto alla carenza di fondi seguita alla stretta finanziaria del governo riguardante l'intera università italiana. Per ovviarvi, la Regione potrebbe integrare il bilancio universitario in maniera sistematica come una delle sue politiche qualificanti per la formazione del capitale umano. Oggi nessuno mette più in dubbio la relazione esistente tra ricerca scientifica e sviluppo economico. La teoria economica dimostra che il processo di crescita endogena di un dato sistema si può sostenere solo se cresce l'accumulazione di capitale umano, che in larga misura corrisponde all'accumulazione di conoscenze scientifiche. Per controllare che i fondi siano spesi nel migliore dei modi, è giusto che del Consiglio di amministrazione dell'Università faccia parte un congruo numero di rappresentanti della stessa Regione. Non va bene, invece, che i finanziamenti regionali alla ricerca siano dati in modo episodico e irrituale come è avvenuto di recente in vista delle ultime elezioni regionali, mettendo in moto, in modo molto pasticciato, un meccanismo di valutazione che la Regione non è in grado di controllare e che si sovrappone agli altri meccanismi già collaudati a livello nazionale (Prin e Firb).
Il secondo motivo per cui l'Università di Cagliari rischia di non tenere il passo è tutto interno alla sua organizzazione e alla sua più recente gestione, che di fatto l'hanno già fatta scivolare verso un ruolo di Università di servizio. L'attenzione particolare agli studenti fuori corso invece che a quelli in corso, la diffusione di sedi decentrate poco qualificate sul territorio, la moltiplicazione dei corsi, degli indirizzi e delle discipline d'insegnamento, l'accentramento dei poteri in capo alle Facoltà invece che dei corsi di studio e dei dipartimenti, la discutibile organizzazione e distribuzione del personale tecnico e amministrativo, tutto ciò ha determinato la moltiplicazione dei compiti organizzativi e didattici senza mezzi e strutture di supporto e la nascita di centri magari funzionali alla gestione del potere accademico, ma inefficienti e spesso mortificanti sia per la selezione, l'alta formazione e la sperimentazione scientifica, sia per l'organizzazione efficiente della didattica. Prendere coscienza di questa situazione costituisce la premessa per una opportuna e incisiva azione di correzione.

Beniamino Moro

Fonte: Unione Sarda del 25/02/2009


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