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Home > Notizie e Rassegna stampa > 2009 > Putzu Idu, riemerge il vascello fantasma
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Putzu Idu, riemerge il vascello fantasma

13 maggio 2009

Il fantasma del galeone appare ogni volta che soffia il vento di Scirocco. Che la baia di Putzu Idu, marina di San Vero Milis, fosse scrigno prezioso di antichi relitti e preziosi reperti custoditi dal mare, non era una novità. Ma che ci potesse essere nascosto tra la sabbia del fondale, ad appena tre metri di profondità lo scheletro di un'imponente imbarcazione di epoca trado-medioevale, a sentire gli esperti, è stata una vera sorpresa. La clamorosa scoperta risale all'ottobre dello scorso anno, quando Marco Montanari, insieme a Marco Testarella, due sub impegnati a fotografare ancore, nel corso di una immersione intercetta alcune parti del fasciame e un grosso argano in legno pregiato fortificato da parti in piombo e rame. Una botta di emozione per i due sub che immediatamente presentano una denuncia di ritrovamento ai carabinieri di San Vero Milis e alla Capitaneria di Porto di Oristano. In campo naturalmente anche la Sovrintendenza ai beni archeologici.
«Il relitto si trova ad una profondità minima e rischia di essere facilmente depredato. Ecco perché è necessario che le autorità tutelino al più presto questo prezioso relitto archeologico», dichiara Marco Montanari. Il gruppo di subacquei guidati da Ivan Lucherini, patron del Diving 9511 di Putzu Idu, e in diretto contatto con l'Università oristanese, ha scandagliato per diversi giorni il fondale raccogliendo una nutrita documentazione fotografica. «Questa ennesima testimonianza del passato che riemerge dal mare oristanese è una prova di come questi fondali possono essere valorizzati meglio per la ricerca scientifica e la promozione turistica del territorio», aggiunge Lucherini. Piergiorgio Spanu, attento studioso e archeologo subacqueo che insegna all'università di Sassari e Oristano parla di «importante ritrovamento». Ma sulla datazione del relitto preferisce essere cauto. «Difficile al momento parlare di galeone spagnolo», dice l'esperto studioso, «certamente possiamo dire che si tratta di una grossa imbarcazione della prima Età moderna o di epoca Post-medioevale». Secondo Spanu il relitto è un prezioso documento scientifico che «potrà dire molto sulle rotte e i traffici mercantili che incrociavano nel mare oristanese, sulle tecniche dio costruzione dell'epoca e, in base al suo livello di conservazione sui resti organici ancora presenti e conservati sotto il fondale». Insomma sarebbe un vero peccato che anche questa perla del mare oristanese, come molti altri relitti, restasse abbandonata sul fondo. Tesoro sommerso in balìa dei soliti predatori. ( r. r. ) 

Fonte: Unione Sarda del 13 Maggio 2009


 


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