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Home > Notizie e Rassegna stampa > 2009 > Rapporto 2009 sull'economia della Provincia di Oristano
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Rapporto 2009 sull'economia della Provincia di Oristano

14 maggio 2009

Flessione generale degli indici economici con particolare criticità in alcuni settori portanti per lo sviluppo economico della provincia. Il quadro disegnato dagli studiosi dell’istituto «Tagliacarne», presentato ieri alla Camera di commercio, concede poco spazio all’ottimismo. Se la crisi fiacca i mercati internazionali, l’Oristanese, al momento, sembra meno esposto agli effetti negativi. Questo - spiegano gli esperti - non è un dato positivo, ma la riprova dei problemi strutturali di cui soffre l’economia del territorio. Il rapporto illustrato da Giuseppe Melis, docente di Economia nell’Università di Cagliari, conferma una tendenza già in atto dall’anno scorso e rimarca le tradizionali carenze strutturali dell’Oristanese. A questa situazione si somma una serie di squilibri di natura socio-conomica imputabili a fattori diversi. Le pecche del sistema produttivo, soprattutto piccole aziende che impegnano il 94 per cento circa dell’occupazione (contro il 74,7 per cento nazionale), sarebbero l’esito di una serie di cause anche sociali. Fra le più evidenti, il ricorso al sistema creditizio, che appare quanto meno contenuto rispetto alla media italiana con un totale per impresa del 47,5 per cento a fronte del 174 della media nazionale. La situazione demografica non aiuta, basta considerare la frammentazione del territorio con i suoi 167 mila abitanti «spalmati» su 88 comuni. Secondo le valutazioni degli analisti sembra che l’economia oristanese - con una flessione del prodotto interno lordo (il dato rilevato è di meno 1,4 per cento), del numero di imprese e dell’occupazione - sia interessata più dagli effetti indiretti della crisi che non da quelli finaziari in senso stretto. «Il dettaglio dei dati statistici della provincia - spiegano i redattori del rapporto - mostra che il sistema produttivo di Oristano risulta fiaccato dall’asfitticità del quadro macro-economico generale e che la crisi ha trovato in provincia un modello di sviluppo che, nel corso degli ultimi dieci-quindici anni, non ha saputo mantenere un adeguato grado di attratività sufficiente a rinnovare i fattori di competitività, contestualmente all’evolvere del processo di globalizzazione». Tutto questo si ripercuote anche sullo stile di vita e sulla capacità di spesa delle famiglie poco inclini, secondo i rilevatori, a privilegiare beni e servizi a elevato valore aggiunto. Ecco qualche dato: il tenore di vita è caratterizzato da una spesa contenuta per l’acquisto di beni voluttuari. A parte il cinema, che colloca la provincia di Oristano al diciasettesimo posto e il ristorante, al ciquantaquattresimo, Oristano è in fondo alla graduatoria nazionale per l’acquisto di libri (82ª), di musica (85ª) e per l’attività sportiva (89ª). Da una rapida scorsa al dato economico, emerge una situazione allarmante in cui il segno meno è costante. Cala il numero delle imprese attive (- 1,7 per cento), diversi comparti del terziario come i trasporti (-5,5 per cento), l’intermediazione monetaria (- 2 per cento), i servizi sanitari e sociali (- 5 per cento), l’istruzione (- 4,8 per cento) e il commercio (- 2 per cento). Ma a turbare il sonno degli economisti (e non solo) è quel meno tre per cento del settore agricolo, che rappresenta, da sempre, il principale settore economico del territorio con oltre 5,2 mila imprese, pari al 36,4 per cento del sistema produttivo provinciale. Lo stesso presidente della Camera, Pietrino Scanu, in apertura, ha parlato, senza usare mezzi termini, «di situazione preoccupante e dati riportati nel rapporto che, nel complesso, non sono positivi per Oristano». Se ciò può consolare, a fare da contraltare è quella prima posizione nel Mezzogiorno (19ª in Italia) per la qualità della vita che consente di distanziare, e di molto, le altre province sarde: Nuoro (60ª in Italia), Sassari (70ª) e Cagliari (73ª). La provincia di Oristano, infatti, si colloca in prima posizione per la bassa diffusione della microcriminalità e dei furti in appartamento, in seconda per i protesti, in sesta per il rischio di rapine e in quindicesima per i furti d’auto. (Antonio Meloni)

Qual è la strategia?

«Il fatto che l’Oristanese sia meno esposto agli shock generati dalla crisi mondiale non è un fatto positivo, anzi fa emergere tutta la debolezza di un sistema gravato da cronici problemi di natura strutturale». L’intervento di Giuseppe Melis - docente di Economia nell’ateneo cagliaritano e presidente del corso di laurea in Economia e gestione dei servizi turistici di Oristano - comincia con questa sottolineatura dal sapore vagamente polemico. Di fronte, c’è una platea di addetti ai lavori che non nasconde una certa sorpresa, soprattutto quando l’economista cagliaritano prosegue rivolgendo ai presenti, in modo volutamente provocatorio, una serie di domande spinose. «Non sono venuto qui a fare il moralista - ha proseguito Melis - e neanche a stilare un elenco di buoni e cattivi, ma se vogliamo far fronte alla situazione è bene chiarirci le idee e dare delle risposte». «C’è una strategia di sviluppo in questa provincia, se sì, chi l’ha definita? Chi la conosce? Chi la deve applicare e come? E ancora: questa strategia gode di una certa condivisione?». Domande che più d’uno, all’interno della sala conferenze della Camera di commercio, avrebbe voluto girare agli amministratori, agli esponenti politici e sindacali, a quelli della classe dirigente, invitandoli, nel contempo, a ragionare su quei dati che disegnano un quadro a tinte fosche. «Abbiamo chiara - ha proseguito Giuseppe Melis - l’idea di turismo che vogliamo realizzare? Quale modello di turismo abbiamo in mente? Cosa si intende per sviluppo turistico e come può creare posti di lavoro?». La riflessione sul turismo è più che mai d’obbligo visto che l’Oristanese, a fronte di un patrimonio di risorse naturalistiche e culturali secondo a nessuno, fa registrare dati a dir poco modesti. Su questo versante il quadro tracciato nel rapporto illustrato ieri parlano chiaro. Il 2007 (i dati del 2008 non sono disponibili) ha fatto registrare 405 mila presenze, come dire il 3,4 per cento regionale. Malgrado un incremento del numero degli arrivi (più 1,6 per cento), le presenze mostrano una preoccupante flessione del 5,7 per cento. La permanenza media è di 3,4 giorni nettamente al di sotto delle medie regionale (5,2 giorni) e nazionale (3,9 giorni). «Al contrario - scrivono gli analisti del Tagliacarne - si rileva un sistema ricettivo che pur di dimensioni contenute, risulta di elevata qualità con il 19,2 per cento degli alberghi di alto livello contro una media nazionale del 13,3». «Il problema - sostiene Melis - non è solo elevare una media, ma ripensare il modo di fare turismo, tenendo conto del fatto che l’esperienza turistica non consiste solo nella bontà degli arredi o nel piatto confezionato più o meno a regola d’arte». «È indispensabile - ha concluso il docente - costruire un progetto turistico e creare le condizioni perchè lo scenario in cui si muove il turista sia memorabile». (a.me.)

Fonte: La Nuova Sardegna del 9 Maggio 2009

 


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