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Cagliari, dal porto-scrigno emergono rare anfore romane

27 gennaio 2009

dresselDue nuovi cantieri archeologici subacquei aperti nel molo Ichnusa e nella Banchina Garau.
Una sorpresa dietro l'altra, il porto di Cagliari si conferma un vero scrigno di tesori sommersi. Sono decine le terrecotte antiche riportate in superficie dagli archeologi e dagli operatori subacquei impegnati in questi anni nei cantieri di ricerca e scavo all'intero dello scalo di via Roma. Dopo gli importanti risultati ottenuti nel 2007 e nel 2008 sotto la banchina del molo Sabaudo, ora la squadra guidata dall'archeologo della Soprintendenza Ignazio Sanna, responsabiledella ricerca, sta operando in due distinte aree: quella del molo Ichnusa e intorno alla banchina Garau, sul lato della Marina militare. Un intervento fondamentale per verificare, prima dell'avvio dei lavori di approfondimento del fondale indispensabile per ospitare le immense navi da crociera, se anche questi
fondali custodiscano testimonianze del passato.
«Abbiamo appena avviato i cantieri su entrambi e lati del molo Ichnusa e stiamo operando su un'area di circa trentamila metri quadrati, dunque piuttosto estesa, e già abbiamo avuto le prime importanti conferme sulla presenza di materiale archeologico», spiega Ignazio Sanna. «Tra i quaranta manufatti individuati, alcuni sono significativi e piuttosto rari. In particolare abbiamo recuperato due anfore di provenienza egea, non frequenti negli scavi subacquei e neppure in quelli terrestri in Sardegna. Sono anfore vinarie di epoca imperiale, dunque databili tra il quarto e il quinto secolo dopo Cristo tipiche dell'area egea e di quella egiziano-palestinese». Il fango del porto di via Roma, dunque, ha ancora molto da raccontare, dopo aver conservato e protetto per oltre duemila anni una importante “fetta” della storia sarda. «Dati come quello delle due particolari anfore appena ritrovate - aggiunge l'archeologo subacqueo - testimoniano la frequentazione dell'approdo cagliaritano di navi che facevano la spola tra la Sardegna e altri porti del Mediterraneo».
Il progetto, interamente finanziato dall'Autorità portuale e affidato alla gestione della Soprintendenza archeologica, dovrà insomma stabilire se a ridosso del Molo Ichnusa e della Banchina Garau si sia un tesoro sommerso tale da fermare o ritardare i lavori di scavo che dovranno accrescere la profondità per consentire l'attracco delle immense navi turistiche che sempre più numerose raggiungono Cagliari, inserendo la città tra le mete privilegiate dei croceristi. «Per il tratto Ichnusa - spiega Ignazio Sanna - abbiamo sessantacinque giorni di tempo effettivi.
Ciò vuol dire effettivamente lavorativi. Trenta, invece, per la banchina Garau. È chiaro che tra i periodi di maltempo e quelli che inevitabilmente saltano per la presenza di navi, anche militari, contiamo di concludere l'indagine e gli eventuali scavi in quattro o cinque mesi».
Settimane di impegno non facile per gli archeologi Sanna e Silvia Fanni (quest'ultima, addetta ai rilevamenti subacquei) e i sommozzatori Michele Putzu, Igor Putzu, Giovanni Picci e Eugenio Masala dell'impresa di lavori subacquei Css guidata da Stefano Masala, che fornisce l'assistenza tecnica per conto della “Trowel-Archeosistemi”.
«La caratteristica dei lavori nelle acque dei porti è quella di operare in una condizione di limitatissima visibilità e con una fanghiglia piuttosto sottile che obbliga a continui sondaggi. In questo periodo, inoltre, si lavora con temperature piuttosto fredde, con la colonnina del termometro, in immersione, sui quattordici gradi.
Entrambi i cantieri hanno comunque una profondità modesta, tra gli otto metri e cinquanta e i dodici metri e mezzo», spiega Sanna.
In superficie, a garantire l'assistenza in barca, Tonino Pisanu, ex sommozzatore della Guardia di Finanza e profondo conoscitore delle acque del porto di Cagliari. Il restauro dei manufatti strappati al fondale è affidato a Brunella Zoccheddu e Luisella Ruvioli (che stanno di fatto gestendo il laboratorio allestito nell'area portuale di Cagliari da ormai due anni durante l'apertura del cantiere del molo Sabaudo), mentre le fotografie e la documentazione in superficie sono competenza di Maria Mureddu e Consuelo Congia.
ANDREA PIRAS 

Fonte: Unione Sarda del 25/01/2009


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