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Giovani imprenditori i nuovi signori del vino

29 gennaio 2009

vignetoDisegnano il paesaggio, dal Nord al Sud della Penisola. 476 denominazioni per un totale di 800 mila aziende, la produzione di vino in Italia rappresenta il 21% di quella mondiale e il 34% di quella dell'Unione europea. Un fiore all'occhiello del made in Italy. Di più il nostro Paese torna dopo dieci anni a superare la Francia per quantità, diventando il primo produttore di vino al mondo. Un settore che affonda nella tradizione ma che si sta sviluppando sotto la spinta della modernità. E grazie all'ingresso di giovani imprenditori, in gran parte figli d'arte ma anche laureati che si affacciano al mondo del vino motivati dalla passione e da una scelta ambientale. Giovani preparati con tanto di università e master nel curriculum che portano in azienda nuove tecniche manageriali e tanta voglia di estero.

Lamberto Frescobaldi, discendente dell'antica casata toscana è cresciuto tra i filari di una cantina che dal 1300 si passa il testimone, di generazione in generazione. «Alle medie avevo già deciso di studiare Agraria — dice il quarantacinquenne vicepresidente, figlio di Vittorio amministratore, e nipote del presidente Leonardo —. A 14 anni le prime paghette, guadagnate in estate lavorando in campagna ». Artefice dello sprint di questi ultimi anni, Lamberto applica strategie aziendali «anche se noi siamo sotto al cielo». 70 milioni il fatturato 2007 «che vogliamo portare a 100 milioni in cinque anni», dice Frescobaldi, grazie a tanto estero (il 62% della produzione va in 80 Paesi del mondo) e a nuove acquisizioni. Fondamentale la joint venture con la californiana Robert Mondavi e il successivo controllo della tenuta del pluripremiato Ornellaia. «La dimensione giusta non esiste, bisogna crescere sempre e dilazionare il rischio su più Paesi». Insieme con lui al timone la trentesima generazione: Tiziana, figlia di Dino, alle relazioni esterne, il cugino Stefano Benini, 40 anni (figlio di Maria) segue alcuni mercati esteri.
 
Sempre in Toscana, un'altra antica casata è passata in mano ai giovani, o meglio alle giovani della famiglia. Il marchese Piero Antinori, il numero 26 nell'albero genealogico di una delle famiglie più antiche d'Italia e ultimo erede, qualche anno fa disse: per fortuna ho tre ragazze innamorate della vigna e dei cani, proprio come me. Albiera, Allegra e Alessia, le tre figlie (tutte sotto i 40 anni) di Piero e di Francesca Boncompagni, aristocratica romana. Lavorano in azienda, vestono in jeans, non si danno arie. L'impero Antinori va dall'Umbria, alla Toscana, al Piemonte, per poi sconfinare in Ungheria e California. Ma la più giovane delle figlie, la trentaduenne Alessia spinta dal desiderio di innovare, è andata oltre il vino: ha inventato l'olio congelato. Facendo brevettare l'idea che, con 20 mila bottiglie l'anno per un fatturato di 130 mila euro, sta avendo successo in tutto il mondo.
Dalla Toscana al Veneto, a Gambellara, in provincia di Vicenza, a casa Zonin. Due secoli di produzione di bianchi e rossi. La guida di una delle maggiori aziende di produzione di vino in Italia (un impero di 3.600 ettari, 11 tenute in sette regioni diverse a cui si aggiunge Barboursville in Virgina, Usa) per il momento rimane ancora salda nelle mani del capofamiglia Gianni (anche presidente della Banca Popolare di Vicenza) ma alla vicepresidenza sono saliti i due figli maggiori, Domenico di 34 anni e Francesco, 33. Domenico (laurea in Bocconi e un periodo all'estero nella tenuta di Barboursville), si occupa di produzione «dalla vigna alla bottiglia». Francesco (laurea in Giurisprudenza alla Cattolica di Milano, un master in Enologia a Bordeaux e un tirocinio da Seagram Chateau Estate Wines Company e Gallo in Usa) segue l'attività commerciale.
 
Due anni fa, deciso a far diventare mondiale il marchio Zonin, ha prestato il suo volto nella campagna pubblicitaria «Il vino è un pensiero d'amore ». Il minimo comun denominatore di questi giovani imprenditori? Un occhio alla tradizione, l'altro all'impresa. Motto valido non solo per le grandi cantine, ma anche per la piccola e media impresa. È il caso di Luca Cielo, 44 anni (laurea e master in Francia), a capo dell'azienda «Cielo e Terra» (che produce e commercializza con successo vino da tavola per la grande distribuzione). Per garantire il controllo di filiera Luca, figlio di imbottigliatori da quattro generazioni, ha prima acquisito i vigneti e poi ha integrato l'azienda in un consorzio (le Cantine dei Colli Berici). «La mia più grande soddisfazione? Che il socio di maggioranza abbia approvato la mia nomina a diretto re generale. Quando cresci in un'azienda di famiglia non sai mai quanto vali».
Dal Nord al Sud. L'Astore è una masseria del Salento salvata dall'abbandono da Achille Benegiamo che insieme con i figli Paolo, Stefano e Luca hanno deciso di ristrutturare l'antico frantoio ipogeo del 1700, di costruirvi a fianco una bottaia interrata e soprattutto di riprendere la produzione virando sulla qualità. Per il reimpianto dei vigneti si sono affidati a Riccardo Cotarella, uno degli enologi più famosi al mondo e hanno assoldato una squadra di cinque giovani pugliesi laureati, con master nel settore. Il gioiello di famiglia, L'Astore (mix di Aglianico e Petit Verdot) è stato a Parigi, per il Grand Tasting, il prestigioso festival internazionale del vino, e sta per entrare nella Bibbia delle migliori etichette al mondo.
Quando il vino è donna. 43 anni, Josè Rallo riceve nel 2002 il premio Bellisario per aver rivoluzionato, in chiave femminile, l'immagine del vino siciliano nel mondo. Laurea e dottorato in Economia e Commercio a Pisa, esperienza all'Arthur Andersen, Josè è tornata in Sicilia non tanto per amore della famiglia (nel vino da 150 anni) ma per amore del marito, un siciliano.

Una splendida voce lei, un percussionista lui, insieme raccontano i vini di Donnafugata in musica. E con una band di amici fanno tournée «eno-musicali». Percorso analogo, quello di Miriam Caporali, 35 anni, nata e cresciuta a Roma, laurea Economica, il primo lavoro nella società di revisione dei conti Ernst Young. Fino a quando scopre Montepulciano dove decide di trasferirsi per affiancare il padre nella produzione dei vini doc del territorio. La sua voglia di innovare la porta a lanciare iniziative come «Adotta una barrique» per fidelizzare il cliente con una produzione «personalizzata ». In ogni regione d'Italia si moltiplicano le storie di giovani che per i più svariati motivi, a un certo punto della loro vita, scelgono la terra e la magia del vino. Francesco Illy, 55 anni, il ramo più artistico dei tre eredi triestini del caffè, dopo essersi innamorato della Toscana, ha «arricchito » il gruppo di famiglia con l'acquisizione di Mastrojanni, azienda di Montalcino che produce Brunello. E ancora in Toscana dove Filippo (50 anni) e Francesco (49) Mazzei, entrambi con esperienze manageriali alle spalle, hanno deciso di rientrare nell'azienda di famiglia (viticoltori dal 1435), per proseguire l'opera di modernizzazione avviata dal padre Lapo. Con un pizzico di novità.

Come il vino per beneficienza. I siciliani di Planeta (Francesca ha 37 anni) e i friulani Fantinel (Marco ne ha 38), oltre a produrre ottimi vini, hanno organizzato due iniziative di solidarietà: con il Cerasuolo di Vittoria, Planeta aderisce all'iniziativa «Wine for life» della Comunità di Sant'Egidio che lega il vino alla raccolta di fondi per salvare i bambini africani dall'Aids. Marco Fantinel, nominato «Goodwill Ambassador» ha ideato e realizzato «Celebrate life Merlot» per sostenere il progetto di Iimsam, un'associazione Onu impegnata alla lotta nella malnutrizione nel mondo.

Antonia Jacchia

Fonte: Corriere.it del 29 gennaio 2009

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