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Nesiotikà: "Miti greci e donne etrusche. Miti, riti e società alla luce di un approccio di genere" a cura del Prof. Daniele Federico Maras della Pontificia Accademia Romana di Archeologia

AS_Seminario Maras

24 maggio 2016

Nell'ambito delle attività seminariali della Scuola di Specializzazione in Beni archeologici Nesiotikà, il 6 Giugno sarà ospite il Prof. Daniele Federico Maras della Pontificia Accademia Romana di Archeologia il cui intervento verterà sui  "Miti greci e donne etrusche. Miti, riti e società alla luce di un approccio di genere".

La mitologia greca è una raccolta universale di figure e storie che costituiscono il fondamento della cultura classica. Il ‘potere fondante’ del mito è stato già riconosciuto dagli antichi mitografi e gli studiosi moderni hanno analizzato le connessioni tra mito, rito e società allo scopo di rintracciare l’origine del linguaggio mitico ed interpretare i suoi significati.
Ma cosa succede quando il mito greco si trasferisce in un diverso contesto culturale?
Questo è un aspetto di fondamentale importanza nello studio dell’impressionante diffusione del mito greco in Etruria, dove le rappresentazioni mitologiche spesso seguono varianti rare o sconosciute, quando non mostrano addirittura trasformazioni tali da essere state considerate errori o fraintendimenti dal punto di vista della letteratura greca.
In realtà, le differenze della società e religione etrusche rispetto a quelle greche, evidenti nella documentazione archeologica e letteraria, sono alla base del processo di selezione e adattamento del mito greco da parte degli Etruschi. Da questo punto di vista, possono essere d’aiuto per la comprensione del fenomeno proprio le caratteristiche della cultura etrusca che attirarono particolarmente l’attenzione degli autori greci e latini contemporanei.

A questo proposito, diverse fonti letterarie sottolineano che le donne etrusche avevano comportamenti sociali piuttosto ‘liberi’, specialmente nei confronti dei propri compagni di sesso maschile: un tratto culturale che indubbiamente indica una diversa connotazione sociale del genere rispetto al mondo greco. Naturalmente questo non è prova di un’anacronistica emancipazione delle donne nell’antichità. Ciò nonostante, sappiamo che le donne etrusche erano ammesse ai simposi, banchettando al fianco dei loro mariti, e godevano di un ruolo indipendente nei rituali funerari e nella gestione della proprietà.
Tale caratteristica può essere messa a confronto con il diverso modo di rappresentare dee ed eroine del mito greco in Etruria nell’ottica dell’immaginario mitologico femminile. Questo è il caso, ad esempio, di Atalanta (la sola eroina greca in grado di lottare, correre e cacciare come un uomo) e Medea (che in Etruria non mostra mai la connotazione negativa di strega che le rappresentazioni greche favoriscono). Tra le dee un ruolo particolare rivestono figure come Thesan, la dea dell’alba, corrispondente alle greche Eos e Leucotea (le quali però non venivano mai venerate in santuari come la corrispondente dea etrusca), ma anche Uni, corrispondente a Era e patrona di diverse città, e Menerva, corrispondente ad Atena, che in Etruria è posta a tutela della divinazione e dell’immortalità.

Nel loro complesso, tutte queste figure contribuiscono a sottolineare l’importante ruolo della componente femminile nella società etrusca, che spicca nel restante panorama della cultura classica, e aprono uno spiraglio per la comprensione del valore interculturale del mito classico, anche al di là della sua matrice greca d’origine.


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