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Inaugurazione mostra archeologica Polis Kai Pyrgos - La Città e la Torre

Polis Kai Pyrgos - La città e la torre, nuova mostra dell'Antiquarium arborense

14 giugno 2011

Prevista per Giovedì 16 Giugno, alle 17.00, nei locali dell’Antiquarium Arborense, l'inaugurazione della Mostra archeologica Polis Kai Pyrgos - La Città e la Torre.

L’esposizione è a cura del Comune di Oristano, della Provincia di Oristano e dalla Regione Autonoma della Sardegna, con la sinergia tra l’Antiquarium Arborense, la Soprintendenza per i Beni Archeologici di Cagliari e Oristano e l’Università degli Studi di Sassari.

Comunicato stampa a cura dell'ufficio stampa del Comune di Oristano

Nata su iniziativa del Comune e della Provincia di Oristano, della Regione Autonoma della Sardegna, con la sinergia tra l’Antiquarium Arborense, la Soprintendenza per i Beni Archeologici di Cagliari e Oristano e l’Università degli Studi di Sassari con l’allestimento della Memoria storica, la mostra presenta numerosi reperti che per la prima volta vengono proposti al pubblico.Manifesto - La citta` e la torre orizzontale

Nella sede museale, attraverso i pezzi esposti, i pannelli, i testi e le immagini proposte lungo un percorso ideale “abbiamo pensato di ambientare nella provincia di Oristano il sogno della creazione descritto nel libro della Genesi - ha spiegato l’archeologo Paolo Bernardini -. Partendo dalla torre di Babele la mostra racconta gli elementi utilizzati dalle popolazioni che hanno vissuto questo territorio”.

“Proprio la presenza dei reperti messi a disposizione dalla Soprintendenza rende particolarmente importante questa esposizione attraverso la quale vogliamo dare un nuovo contributo all’opera di valorizzazione delle risorse culturali del territorio” ha spiegato il Sindaco Angela Nonnis nel corso della conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa.

“Il lavoro realizzato di concerto con la Soprintendenza e la Provincia ha consentito di recuperare questi preziosi reperti che saranno esposti in anteprima assoluta a Oristano - ha aggiunto l’Assessore alla Cultura Luca Faedda -. Grazie al lavoro degli operatori dell’Antiquarium, di chi ha curato i testi, la grafica e le immagini, quello che viene fuori è un lavoro di altissima qualità che sarà certamente apprezzato dai visitatori”.
Sull’importanza dei reperti si è soffermata Emina Usai, della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Cagliari e Oristano, che ha auspicato possano rimanere nel museo oristanese in esposizione permanente.
“Un’iniziativa – ha osservato il Presidente della Commissione cultura del Comune di Oristano Giuseppe Sanna – che consente di scoprire e far scoprire la storia della città e del territorio”.
Per il Presidente della Provincia Massimiliano De Seneen “la cultura è un elemento da sfruttare per creare un’alternativa al turismo balneare, per offrire ai turisti una Sardegna che non è solo quella del sole e del mare. In questa direzione la Provincia è impegnata al recupero del patrimonio archeologico per consentire che tutto ciò che è stato recuperato qui sia fruibile qui, ad iniziare dai Giganti di Monte Prama”.
“Il nome scelto per la mostra può risultare difficile – ha spiegato il Curatore dell’Antiquarium Arborense Raimondo Zucca -. POLIS KAI PYRGOS - LA CITTÀ E LA TORRE è un titolo antico, scelto apposta per suscitare curiosità e introdurre ai temi dell’esposizione. Una scelta che con le fortunate esposizioni degli anni passati, da quella sui fenici, alla battaglia del Mare Sardonio, sino al Golfo degli Empori, ha sempre premiato”.


LA MOSTRA

La città e la torre è una storia biblica, ma è anche la storia del territorio della provincia di Oristano, da Bosa al margine meridionale del Golfo di Oristano, dai monti del Sarcidano al Monte Arci, al Montiferru.
La mostra è stata costruita con la sinergia della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Cagliari e Oristano, diretta da Marco Minoja, il Comune e la Provincia di Oristano.

È la torre di Babele a dominare l’esposizione, attraverso una xilografia barocca del Metropolitan Museum of Art di New York e la straordinaria opera di Peter Bruegel del Museo di Vienna.
La torre di Babele è un punto d’arrivo della storia dell’uomo perché rappresenta la conquista della città, il passaggio dalle storie di villaggio alla complessità della città. La sfida dell’uomo alla divinità comporta la confusione delle lingue, che è anche la ricchezza della diversità e della multiculturalità.
L’esposizione ripercorre, dall’angolo visuale dell’Oristanese, la storia del creato, dall’acqua, alla terra, alle piante, agli animali, agli uomini, che si presentano attraverso terrecotte, sculture in pietra e in bronzo.
Il passaggio attraverso una porta antica alle città invisibili conduce idealmente verso le città dei morti, le città dei figli e delle figlie passate per il fuoco (è il tofet dei fenici di Tharros), la città degli Dei, ciascuna marcata dai documenti archeologici dell’Oristanese.

La mostra affronta anche il diluvio universale, quello di Noè e dell’epica di Gilgamesh, rappresentato come metafora delle culture antiche che si succedono nel tempo e i materiali archeologici sono mescolati: dalle macine nuragiche alle urne vitree romane, dalle iscrizioni alle anfore del mare, agli oggetti di piombo di un naufragio militare.

Salendo verso il piano superiore il viaggio prosegue attraverso la nuova avventura dell’uomo dai prenuragici delle pianure, alla “colonizzazione” nuragica, verso la città.
Sono le città dei sardi e dei Fenici, sono le città dei sardi e dei cartaginesi, sono le città dei sardi e dei romani.
Nelle città si scrive e così si scoprono le varie scritture e le varie lingue, si scambiano le merci e così ci appare l’Oristanese proiettato verso il Mediterraneo.
Nelle città si combatte e si muore e così si rappresentano le armi, i proiettili, insomma lo scontro per il potere.

L’AMBIENTAZIONE

La mostra POLIS KAI PYRGOS racconta la storia della natura e della cultura antica della Provincia di Oristano, proiettandosi sino al plesso di Guspini-Arbus. Uno spazio geografico e storico descritto attraverso gli elementi della fascia litoranea (paralia), della pianura (peidia) e della montagna (Mainomena ore).
L’elemento fondante dell’uso preurbano e urbano del territorio, al di la della dinamica dei paesaggi, è l’acqua: quella del litorale marittimo, quella delle antiche insenature ridotte a lagune, stagni e paludi, quella delle foci dei corsi d’acqua che fondano il paesaggio definito grecamente paralia.
L’evento urbano si inserisce nella fascia di paralia, tra il VII ed il VI secolo a.C., con i tre centri litoranei di Neapolis, Othoca, Tharros, il cui ruolo sarà confermato fino all’alto medioevo.
La fascia di paralia con la strutturazione dei tre centri urbani marittimi si estenderà nell’entroterra a comprendere i peidia, le pianure strutturate già dalla civiltà nuragica ed ora incorporate nelle città.
Il dominio cartaginese, sullo scorcio del VI sec. a.C., arricchirà il quadro urbano dell’Oristanese con la nuova strutturazione di Cornus, all’estremità occidentale del plesso montano dei Mainomena ore, i Montes Insani. Questa città esprimerà compiutamente il ruolo della montagna, fondamentale per le risorse minerarie del ferro, utilizzate dai Cartaginesi, come documentato dalle recenti indagini archeometriche sulle scorie rinvenute a Tharros, ma anche per la silvicoltura, indispensabile per la carpenteria navale delle città marittime e per la carpenteria urbana e agricola, e per l’allevamento.
Con la conquista romana della Sardegna (238/237 a.C.) le città di Neapolis, Othoca, Tharros e Cornus vennero inquadrate nel sistema politico-economico romano ed inserite in una rete di infrastrutture (strade, ponti, porti) destinate a costituire il sistema infrastrutturale giunto sino oggi.
Il quadro urbano è arricchito ulteriormente tra montagna e pianura con la fondazione di Uselis e di Forum Traiani.
Le risorse tradizionali (agricole, di allevamento, minerarie) furono sfruttate con un prevalente intervento pubblico, cui si univa il latifondo privato, talora di ambito senatorio.
La campagna dell’Oristanese si arricchisce di strutture termali romane che si ritiene siano pertinenti a ville urbano rustiche, legate alla cerealicoltura prevalente, ma anche a colture specializzate quali quella del cedro.
Il periodo vandalico e quello bizantino riaffermano il sistema urbano dell’Oristanese con un’enfasi per Forum Traiani, ribattezzata Chrysopolis (città aurea) e costituita capitale militare dell’intera Sardegna.
Il riassorbimento della sostanza urbana diffusa all’interno di un’unica realtà -Aristianis-Oristano, avviene nel trapasso fra dominio bizantino e nascita del Giudicato d’Arborea.


IL RACCONTO

Il racconto è strutturato nel variare di paesaggi diversi (della costa, della pianura, della montagna), assume come riferimento quello della Genesi.
Il titolo greco, infatti, è tratto dai Septuaginta, la versione greca del testo biblico ordinata, secondo la tradizione, da Tolomeo II Filadelfo per la Biblioteca di Alessandria.

Si legge nel libro della Genesi:
Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole. Emigrando dall’oriente gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Sennaar e vi si stabilirono. Si dissero l’un l’altro:«Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco». Il mattone servì loro da pietra e il bitume da cemento. Poi dissero:«Venite costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra» (Gn. 11, 1-4).

Può sorprendere l’utilizzo del testo biblico per raccontare il tema della formazione dei paesaggi antichi, intessuti del rapporto fra natura e uomo, nello spazio centro occidentale della Sardegna, lontana dall’ambito vicino orientale cui si riferisce l’Autore biblico.
Il richiamo al passo biblico della edificazione di POLIS KAI PURGOS è stato sostenuto nel secolo XIX dalla scienza archeologica sarda, in particolare da Giovanni Spano e da Gaetano Cara, in un tempo (1851- 1875), in cui non si era affrancata dalle cronologie bibliche e si ammetteva la costruzione del nuraghe (PyRGOS ossia «torre») da parte di profughi orientali della Palestina.

In questa occasione ci si riferisce al testo biblico perché costituisce un immediato richiamo nella mente di tutti al mondo delle origini.
Si vuole rappresentare un racconto archeologico con la semplicità di una storia familiare, tanto quanto quella biblica.

La Bibbia, dunque, come veicolo comunicativo delle storie dell’antichità, dalla Creazione del mondo (ossia la formazione del teatro dell’uomo), all’origine dell’uomo, alla dura necessità del cibo guadagnato «col sudore del volto», alle attività contadine e pastorali, alla scoperta della metallurgia, al dramma della morte, agli dèi stranieri, del diluvio come cancellazione della malvagità dell’uomo e della benedizione divina su Noè, sui suoi figli e sui discendenti che danno inizio alla formazione urbana della pianura di Sennar, con il tentativo di costruzione di una città con la torre, quella di Babele.

 


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