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Pantelleria: il resoconto del I turno di scavo subacqueo

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6 luglio 2011

Il 19 giugno 2011 ha avuto inizio la prima Campagna di scavo a Cala Tramontana, nell’Isola di Pantelleria, nell’ambito di un più ampio progetto finanziato da Arcus s.p.a.,finalizzato alla valorizzazione e fruizione dei siti archeologici sommersi in prossimità delle infrastrutture di Cala Tramontana nell’Isola di Pantelleria. Il progetto è realizzato dal Consorzio Pantelleria Ricerche, sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana e dalla Soprintendenza dei Beni Culturali di Trapani. Allo scavo partecipa un nutrito gruppo di archeologi dell’Università degli Studi di Sassari, frequentanti i corsi di laurea triennale in Scienze dei Beni Culturali (curriculum di Archeologia subacquea – sede di Oristano) e magistrale in Archeologia, la Scuola di Dottorato in Lingue e culture del Mediterraneo antico e la Scuola di specializzazione in Archeologia subacquea e dei paesaggi costieri della sede di Oristano, presente con tutti gli studenti iscritti. Guida il gruppo dell’Ateneo sassarese Pier Giorgio Spanu, docente di Metodologie della ricerca archeologica subacquea e consulente scientifico del Progetto.

L’area interessata dall’indagine è caratterizzata da numerosi materiali dispersi su una vasta superficie in un fondale sabbioso compreso tra i 15 e i 22 metri circa di profondità: tali materiali sono collocabili cronologicamente entro il III sec. a.C.: tra essi si riconoscono anfore greco-italiche e cartaginesi, parte delle quali, dopo il loro rinvenimento avvenuto alcuni anni fa, sono state lasciate sul fondo e inserite in un itinerario archeologico.

Poco distante dall’area di massima concentrazione dei reperti, durante le ricognizioni preliminari allo scavo volte a delimitare con maggiore precisione la dispersione dei reperti, il ricercatore Francesco Spaggiari, direttore del diving Cala Levante, partner del Consorzio Pantelleria Ricerche, ha individuato una piccola concentrazione di monete bronzee che emergevano dalla sabbia del fondale: una semplice pulizia dello strato superficiale ha permesso, in breve tempo, di recuperare circa 1800 monete, appartenenti evidentemente ad un tesoretto.

Le monete recano al diritto una testa di donna con lo sguardo rivolto verso sinistra; l’acconciatura, che mostra alcune varianti, è sostenuta da una corona di grano: la figura è identificabile con la dea Kore. Nel rovescio c’è invece una testa di cavallo che guarda a destra, elemento che potrebbe essere determinante per l’attribuzione della zecca. Ad una prima analisi, le monete sembrano infatti di zecca sardo-punica o siculo-punica, coniate entro un ambito cronologico tra il 300 e il 264 a.C., anche se la circolazione di tali monete è proseguita fino alla fine del terzo secolo a.C..

Il tesoretto di monete doveva essere originariamente riposto all’interno di un sacchetto o di un altro contenitore in materiale deperibile, o in alternativa (ma ciò è meno probabile) in un contenitore ceramico da cui le monete potrebbero essere fuoriuscite. Il prosieguo dello scavo potrà chiarire meglio la loro contestualizzazione.

In ogni caso, la cronologia delle monete si accorda con la datazione del materiale anforario presente in quantità nella cala, in particolare le anfore greco-italiche e le anfore cartaginesi che sembrano riportare ad un orizzonte cronologico della seconda metà del III secolo a.C. Anche se tali materiali potrebbero riferirsi non necessariamente ad un’imbarcazione naufragata, ma a diversi processi formativi del contesto (ad esempio un’operazione di alleggerimento dell’imbarcazione), la presenza del tesoretto lascia invece ben sperare circa la possibile esistenza di un relitto.

Come propone Leonardo Abelli, l’archeologo che dirige il Progetto, non può escludersi che le monete fossero destinate a pagare le truppe cartaginesi o addirittura al reclutamento di mercenari da impiegare nello stesso esercito; lo stesso studioso sottolinea che il relitto di Cala Tramontana, insieme ad altre imbarcazioni i cui resti sono stati individuati a breve distanza della rada, potrebbe riferirsi alle vicende belliche che nel 217 a.C. videro la sconfitta della flotta cartaginese e la conquista romana di Pantelleria.

Il ritrovamento, spiega il Soprintendente Archeologo di Trapani Sebastiano Tusa, rappresenta una conferma dell’importante ruolo economico che Pantelleria ebbe in epoca punico ellenistica come meta di scambi commerciali dalla Sicilia verso l’Africa e viceversa ed anche come luogo di produzione agricola.


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