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Le virtù del pane sardo

Le virtù del pane sardo

16 giugno 2010

In un libro la biotecnologia dei prodotti da forno.
Al volume ha contribuito la facoltà di Agraria di Sassari con uno studio sulla lievitazione naturale.

Papassinas, pane carasau, moddizzosu. Ma anche pane ferrarese, di Altamura, di Sanluri, spianate, babà, panettone, pandoro, Baicoli e Doriano. Che cosa hanno in comune? Si tratta di prodotti definiti comunemente prodotti da forno. Nel senso che nascono dall’impasto di farine di cereali, lievitate e cotte in forno. Poi assumono forme diverse e contenuti (ad esempio di zuccheri) diversi a seconda che si vogliano usare come pane o come dolci.

Un bel volume (356 pagine, 41,50 euro) edito dalla casa editrice Ambrosiana, intitolato «Biotecnologia dei prodotti lievitati da forno», curato da Marco Gobbetti e Aldo Corsetti, raccoglie «in un solo progetto editoriale- spiegano le note di copertina- i vari aspetti della biotecnologia dei prodotti lievitati da forno, uno dei settori alimentari che vanta una delle più antiche e vaste tradizioni nella cultura agro-alimentare del nostro Paese». Nel libro, un contributo importante è quello dei microbiologi agrari della Facoltà di Agraria dell’università degli studi di Sassari. Il tema trattato dagli studiosi sardi è quello del lievito naturale, un argomento nel quale il gruppo di ricerca coordinato dal professor Giovanni Antonio Farris è, da anni, un punto di riferimento autorevole a livello nazionale e internazionale.

Nel Logudoro il lievito naturale è «su fremmentalzu» o «sa madrighe». È l’impasto acido l’agente lievitante dei pani tradizionali della nostra isola. Il pane che hanno mangiato i nostri avi e i nostri genitori era fatto lievitare attraverso questo, leggiamo a pagina 171 del volume, «impasto costitituito da farina (di grano o di segale), acqua ed eventualmente sale, fermentato senza l’intervento di di microorganismi volontariamente aggiunti e ottenuto grazie a una serie successiva di rinfreschi che hanno ottimizzato la capacità di acidificazione e lievitazione». «La fermentazione- prosegue la definizione del libro- è opera di di lieviti e batteri lattici endogeni della farina, ai quali si possono aggiungere quelli di derivazioni ambientali».
La preparazione e l’uso del lievito naturale in panificazione hanno origini che si perdono nella notte dei tempi. Gli Egizi 3500 anni fa, giusto per fare un esempio, conoscevano la tecnica di preparare i pani da impasti di farina di cereali lievitati naturalmente. Una tecnica che un secolo prima della nascita di Cristo era nota e diffusa in tutto il mondo antico. Ma è intorno al 1800 circa che si fa strada un altro lievito, quello di birra. E oggi, dopo una ampia sperimentazione di lievito commerciale di birra, si fa ricorso ancora al lievito naturale in considerazione dei numerosi vantaggi rispetto al lievito di birra. Vantaggi di carattere sensoriale ma anche nutrizionale.

Una sperimentazione clinica recente condotta dai microbiologi della facoltà di Agraria di Sassari e di ricercatori della Clinica medica dell’ateneo sassarese, ha dimostrato come l’alimentazione a base di pane prodotto col lievito naturale presenti indubbi vantaggi nei pazienti celiaci e diabetici. Il volume passa in rassegna i diversi metodi di panificazione adottati in diversi paesi del mondo con la descrizione puntuale dei processi sia sul piano microbiologico che su quello biochimico con una trattazione approfondita dei diversi pani: da quello di Altamura a quello di segale, dal “pain au levain” allo white pan bread, dal panettone al pane di San Francisco.

Molto interessante il capitolo dedicato ai prodotti dolciari lievitati italiani: dal buccellato siculo al babà campano, dai liguri biscotti del lagaccio alla pigna molisana, fino ai papassini sardi. Ma la parte più affascinante del volume è quella dedicata ai pani tipici italiani alcuni dei quali tutelati dal marchio Dop (denominazione di origine protetta) o Igp (indicazione geografica protetta) e Stg (specialità tradizione garantita).

E in questo capitolo la Sardegna presenta campioni sul piano storico-culturale e su quello sensoriale con diversi prodotti: spianata, zichi, pane carasau, pistoccu, pistoccu e Moddizzosu (con riferimenti al Civraxiu e alle pagnotte di Sorso e Osilo). Ma sappiamo che la Sardegna, in questo campo, è una autorità indiscussa (come dimostrano gli studi dell’équipe diretta dal professor Giovanni Antonio Farris) grazie al fatto che l’isola conta la più alta varietà di pani a livello mediterraneo. (p.p.)

Fonte: Nuova Sardegna del 16 Giugno 2010 (inserto estate)


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