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Scoperte a Capo Malfatano

23 marzo 2010

Antichi scheletri umani riemergono dalle sponde del fiordo. Un cranio, vertebre cervicali, un omero scoperte a Malfatano. Nelle tomba, anche monete romane.

TEULADA
Dicono i vecchi pescatori che qui, la notte, nella baia ridossata di Malfatano, quando i venti soffiano lontani, fuori dal fiordo e oltre le scogliere, si sentano le voci dei morti. I canti struggenti di dolore delle genti di mare, i sospiri dei defunti.
La storia, oltre la fantasia, racconta di un porto, Portus Erculis , finito ormai sott'acqua, coperto da sabbia e ciuffi di posidonia, costruito nelle immediate vicinanze di un edificio di culto dedicato a Melquarta (l'Ercole dei Fenici) proprio sulle sponde della baia. Si possono vedere ancora, immergendosi in queste acque quiete, gli immensi blocchi di pietra con cui erano state innalzate le banchine dell'approdo. Massi ciclopici strappati alle scogliere d'arenaria di Piscinnì, dove restano le ferite geometriche impresse sulla costa dagli scalpellini del passato.

LA SCOPERTA
Le ossa sono spuntate fuori all'improvviso. Ossa d'uomo. Di uomo antico. Davanti agli occhi dei carabinieri subacquei guidati dal maresciallo Domenico Pentasuglia. Erano lì per cercare di restituire alla famiglia il corpo di un giovane pescatore morto annegato la notte prima, quando un'onda più grande delle altre l'aveva scaraventato giù dalla scogliera. Erano lì per ridare speranza e sono incappati nella storia. «Stavamo facendo una ricognizione lungo la costa, ispezionando anche le calette più piccole prima di iniziare le immersioni, quando abbiamo notato la parte del cranio. Insieme ai colleghi di Teulada abbiamo subito chiesto l'intervento della Soprintendenza e a Malfatano è arrivato un archeologo. È bastato poco per scoprire altre ossa, le vertebre del collo, le ossa lunghe di un braccio», racconta Pentasuglia.

LA DENTATURA
Il cranio con i denti incredibilmente candidi e perfettamente conservati era stato protetto dall'argilla. Per millenni. Esattamente come lo scheletro rinvenuto nell'estate del 2004, quando una coppia di turisti tedeschi in vacanza sulla costa teuladina stava passeggiando lungo le rive della cala di Malfatano imbattendosi, improvvisamente, in diverse ossa della colonna vertebrale e diverse falangi di una mano riemerse dalla terra erosa dal tempo e dai marosi. Una tomba che probabilmente in passato era stata scavata ben più lontano dalle sponde del fiordo ma che una lunga e inarrestabile erosione costiera ha ora avvicinato al mare.
Di chi erano quelle ossa, a chi appartenevano quegli scheletri interrati non lontano dall'acqua. Vicinissimi a quello scalo di duemila anni fa che si ipotizza essere il ricercatissimo Portus Erculis. Apparteneva, il cranio scoperto dai carabinieri subacquei, a un guerriero romano? A un marinaio morto a bordo e poi sepolto a Malfatano? O magari anche a un punico?

L'ESPERTO
Spiega il responsabile della Soprintendenza ai Beni archeologici di Cagliari, Marco Minoia: «Quella di Malfatano è un'area da cui sono arrivati nel tempo segnalazioni. È un comprensorio particolare, proprio per la presenza della profonda insenatura protetta dai venti era stato sfruttato, come accade ed è accaduto per tutte le zone analoghe del sud Sardegna ma anche delle lagune dell'Oristanese, come approdo naturale. Di sicuro, grazie a tanti rinvenimenti e alla scoperta di emergenze archeologiche, Malfatano era stato sfruttato dai Romani. Anche l'ultima sepoltura, sui cui reperti ossei stiamo ancora studiando per poterli datare con certezza, dovrebbe comunque risalire al periodo romano visto che con le ossa abbiamo anche trovato diverse monete, queste sì facilmente classificabili».
 

Fonte: Unionesarda.it di martedì 23 marzo 2010

 


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