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I rettori lanciano l'allarme "nel 2011 sarà il collasso"

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24 giugno 2010

Intervista a Enrico Decleva, presidente della Crui: "Se i tagli rimarranno quelli previsti due anni fa, non saremo più in grado di chiudere i bilanci e pagare gli stipendi"

"Se i tagli ai finanziamenti dell'università sono quelli previsti due anni fa, nel 2011 sarà il disastro". Parole che pesano quelle di Enrico Decleva, presidente della Crui, la conferenza dei rettori italiani.

Professore perché il 2011 rischia di essere l'anno impossibile per gli atenei?
"Perché nei bilanci la distanza fra entrate e uscite sarà incolmabile, non saremo in grado di chiuderli, né di pagare gli stipendi al personale. Credo comunque che questo concetto sia ben noto al governo e al ministero".

Come si arriva a questa situazione?
"Ci vengono a mancare 950 milioni di euro perché, rispetto a quest'anno non ci saranno i 400 milioni dello scudo fiscale e non è stato prorogato il Patto per l'università di Padoa Schioppa e di Mussi".

Migliaia di ricercatori minacciano l'anno prossimo di non salire in cattedra per protesta contro il disegno di riforma. Come pensate di fare? Con chi li sostituirete?
"Siamo preoccupati. La Crui segue con attenzione quello che sta accadendo. Noi siamo favorevoli al reclutamento dei ricercatori a tempo determinato, ma in un'ottica di tenure track: quando un ateneo assume con contratto triennale un ricercatore, deve avere anche da parte i soldi per bandire poi alla fine del secondo rinnovo triennale il concorso e permettere al ricercatore, se lo vince, di diventare associato".

A chi protesta dentro gli atenei promettendo da settembre lo sciopero della didattica, questo però non basta.
"Bisogna prevedere una quota di associati per i ricercatori che sono già nelle università: si deve pensare a piani straordinari di riassorbimento di circa 2000 posti l'anno. Chiediamo che agli attuali ricercatori venga riconosciuto il ruolo di professore aggregato. Stiamo però parlando di questioni importanti ma non decisive, il nodo centrale sono le risorse, le università sono in ginocchio".

Lei ha detto in più occasioni: la riforma deve andare avanti. Perché?
"Perché è un'occasione da non perdere: introduce il concetto di valutazione della ricerca e quindi responsabilizza gli atenei rispetto alle persone che assumeranno. E poi non è una toppa, ma una vera e propria riforma organica che cambia la governance, definisce con chiarezza le responsabilità del consiglio di amministrazione e del senato accademico e nel reclutamento introduce l'abilitazione nazionale, distingue opportunamente fra tempo pieno e part time. Infine, aggiorna la quota del 90% che oggi penalizza molti atenei".

A questo proposito: oggi, le università non possono spendere per il personale oltre il 90% delle risorse che ricevono dal fondo di finanziamento ordinario, cioè i soldi che il ministero vi dà per far funzionare tutta la macchina.
"Sì, ma ogni anno aumentano i costi (dalle bollette alle manutenzioni, la voce degli stipendi...) e diminuiscono o al massimo restano uguali i finanziamenti. E' chiaro che in una situazione di questo genere molti atenei sforano il tetto: uno su due già oggi, se non scattassero dei correttivi di bilancio".

Torniamo alla riforma: lei ha detto che introduce la valutazione, ma la distribuzione dei finanziamenti in base al merito è già stata ridotta dal 7 al 3%. Non le sembra una presa in giro?
"Sono certo che quel comma sarà modificato".

Cosa pensa della possibilità, prevista nel disegno legge, di nominare rettore anche un docente di un altro ateneo? Non si rischiano interferenze?
"Non vedo questo rischio. Non credo che per i rettori ci sarà la stessa girandola che avviene per gli allenatori delle squadre di calcio". In effetti la panchina dell'ateneo, di questi tempi scotta ovunque".

Fonte: repubblica.it sz. Scuola del 24 Giugno 2010


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