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Vecchi mercantili in fondo al mare

5 agosto 2010

“Ultim'ora”. Come fosse un articolo di giornale, di quelle notizie agguantate pochi attimi prima di andare in stampa, quando c'è soltanto il tempo di battere poche, pochissime righe in prima pagina. È così che i ricercatori hanno intitolato la sezione della mostra sull'archeologia subacquea allestita a Solanas riservata interamente al relitto scoperto nelle acque melmose del porto di Cagliari, tra la banchina Garau e Su Siccu. Perché quella nave rimasta nascosta sotto il fango per centinaia d'anni è l'ultima emergenza - per dirla con gli studiosi di c os e antiche - riportato alla luce dalla Soprintendenza e dai sommozzatori dell'équipe guidata dall'archeologo Ignazio Sanna, che da alcuni anni stanno indagando i fondali dello scalo cittadino.

I legni sono spuntati fuori all'improvviso. «Non tanto inattesi, comunque», spiega Sanna. «Alcune indicazioni che qualcosa poteva esserci sotto il fondale e in quel tratto di fondale erano state date dal rinvenimento di alcuni reperti trovati poco lontano, in un'area, quella tra il molo Sabaudo e il molo Ichnusa, che stavamo ispezionando da tempo, dove tra l'altro avevamo già scoperto e iniziato a studiare un relitto romano del periodo repubblicano». Un tuffo, un altro e un altro ancora. Ignazio Sanna e il suo gruppo composto da Silvia Fanni, operatore tecnico subacqueo specializzato nei rilievi, gli assistenti di scavo Maria Mureddu, Valerio Pinna Renata Arcaini e Eugenio Masala, assistente di barca non volevano darsi per vinti. E hanno così deciso di concedersi un altro, ultimo sopralluogo il giorno stesso della chiusura del primo cantiere. Nella stessa direzione in cui, agli inizi di settembre del 2009, la melma restituì le ventisette monete in aurichalcum (una lega di rame e zinco considerata particolarmente prezioso che dava un effetto aureo), lucenti e splendenti, con l'effigie degli imperatori Adriano, Traiano, Vespasiano. Un vero tesoreto di sesterzi, custodito, probabilmente e in origine, in un sacchetto di pelle d'animale consumato dal tempo e dall'acqua di mare.

«Proprio al limite del cantiere - ricorda ancora Sanna - rinvenimmo materiale bizantino. Per questo abbiamo voluto vederci chiaro e iniziato una leggera opera di scavo, un saggio per capire se sotto lo strato di fango potesse esserci altro materiale archeologico». Il sospetto era più che fondato. Le mani dei sub hanno accarezzato improvvisamente i resti lignei di un relitto. «Avevamo intercettato - spiegano gli archeologi - una grossa porzione di nave, un'imbarcazione che sin da subito mise in evidenza la tecnica con cui era stata costruita». Fasciame e assemblaggio non “al paro”. Lo scafo, insomma, non era a fasciame affiancato, ma parzialmente sovrapposto e questo formava una specie di gradini. Un sistema chiamato a klinker, tipico delle imbarcazioni e in particolare delle navi vichinghe e comunque del periodo medievale. Una scoperta importante, giudicata eccezionale dagli esperti visto che fino ad oggi, in Mediterraneo, soltanto cinque relitti, saranno stati scoperti quattro o cinque relitti con tali tecniche costruttive. L'ultimo - anche se la porzione di fasciane riportata in superficie è infinitamente inferiore a quella messa in luce davanti a Cagliari - è spuntato fuori l'anno scorso a Barcellona mentre si scavava per il restauro di una piazza.

Gli archeologi della Soprintendenza ancora non si sono pronunciati sulla datazione, anche se indicativamente la forchetta temporale in cui collocare la nave rientra tra il 1200 e il 1400. Come da verificare, nella futura campagna di
scavo, sarà l'origine di questa imbarcazione. Si tratta di una nave da trasporto? Potrebbe essere una di quelle navi in grado di trasportare addirittura i cavalli? Lo diranno le nuove indagini. Così come altre informazioni serviranno per inquadrare correttamente l'altro relitto scoperto a Sant'Elia. «Più che scoperto, indagato per la prima volta - spiega Ignazio Sanna - visto che il sito era conosciuto da tempo e non soltanto agli archeologi. Molti subacquei, in questi anni, hanno avuto occasione di visitarlo e purtroppo depredarlo, anche se c'è ancora tanto da scoprire». La sua è una struttura massiccia, con ordinate e madieri sistemati in una rete piuttosto fitta. Dovrebbe essere una nave da trasporto del periodo compreso tra il Cinquecento e il Seicento. Il primo saggio di scavo ha permesso di individuare la presenza di lastre d'ardesia, un materiale di costruzione molto usato in Liguria, Sicilia, Corsica ma anche nel Galles sin dall'epoca romana. Ma anche a Cagliari.

Potrebbero appartenere a un mercantile, insomma, i resti del relitto di Sant'Elia. Arrivato nel sud dell'Isola magari per caricare sale, come ipotizza Ignazio Sanna. «Durante i primi sondaggi - ricorda l'archeologo - abbiano individuato una piccola pipa tipica del Nord Europa, e un'altra importante scoperta che potrebbe aiutarci a datare il relitto è stata quella del frammento di un'ampolla che fortunatamente conserva un marchio. Questo reperto e altri ci hanno già dato alcune indicazioni, permettendoci di circoscrivere la provenienza dall'Olanda o dall'Inghilterra.
Insomma, l'approdo davanti a Cagliari non finisce di regalare testimonianze della storia più antica. Quella che sconfina del periodo punico e romano (testimoniato dalle scoperte degli anni scorsi e anche degli inizi del secolo scorso) e ora anche nel Medio Evo. Ma per avere altre informazioni bisognerà ancora scavare. Sollevare la melma e liberare il tesoro.

Fonte: Unione Sarda del 5 Agosto 2010
 


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