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Nella terra la chiave per il rilancio. Cercasi agricoltore purché laureato

17 aprile 2010

Nel dopoguerra eravamo un Paese a prevalente economia agricola. Il nostro popolo provato da dolori e stenti cercò lavoro migrando da Sud a Nord o all’estero (nostri emigranti con la valigia di cartone riempivano le navi). Non c’era la televisione e le immagini venivano impresse in film di successo del cosiddetto neorealismo. L’Italia vinse l’Oscar della lira, divenne la settima potenza industriale con il boom economico.

Si allontanò lo spettro della disoccupazione che oggi drammaticamente riappare, con giovani laureati che non trovano il posto di lavoro.
Nell’ultimo ventennio si sono verificati mutamenti che da congiunturali sono diventati strutturali. Campagne deserte, industria manifatturiera spostata all’estero, esaltazione della finanza e dei servizi.

I nostri ragazzi, conoscitori dell’inglese e della matematica non più attratti, come prima, dalla banca tradizionale, rivolgevano la loro attenzione a finanziarie e banche di rango della city londinese. Crisi della finanza e crisi, la più grave del dopoguerra, dell’economia reale. I campi, dove nasce l’economia primaria, desolatamente deserti, perché l’agricoltura non attrae. Grave errore perché questo è il settore che offre cibo, energia alternativa, turismo e bellezze naturali.

Grazie alla fatica letteraria di Andrea Prato, assessore all’Agricoltura della Regione sarda, è uscito un bel libro dal titolo Meglio un contadino laureato che un avvocato disoccupato . Prato, con una prosa agile, riflette sulla crisi e non si limita alle analisi. Propone il ritorno alla terra, annuncia un federalismo culturale che esalta il territorio con i suoi sapori e la sua bellezza e non provincializza.

Bisogna cominciare dalla scuola. Prato invita ad iscriversi alla facoltà di Agraria. Con passione ed entusiasmo del politico tecnico “ma molto politico” suggerisce, per uscire dalla crisi, l’adozione di uno strumento che richiama multifunzionalità. Prato spiega che la parola “sta ad indicare il nesso tra agricoltura sostenibile ed equilibrio territoriale, sicurezza alimentare, conservazione del paesaggio e dell’ambiente, garanzia dell’approvvigionamento alimentare non disgiunto dalla possibilità di un reddito agricolo dignitoso”. La cultura non è solo esercizio accademico e Prato dimostra di essere un agricoltore colto.

La Sardegna è una regione benedetta da Dio, con le sue bellezze, i suoi colori e i suoi sapori ineguagliabili. Da lì parte un appello: siamo nati dalla terra dove dobbiamo ricercare quell’oro per l’era del rilancio. Ecco perché, come dice Prato, c’è bisogno di laureati contadini.

Riccardo Ricciardi

Fonte: L'Unione Sarda del 17 Aprile 2010


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